martedì 19 febbraio 2013

Noi Siamo Infinito (The perks of being a wallflower)


“Accettiamo l’amore che pensiamo di meritare”


Riflessioni su Noi Siamo Infinito (The Perks of being a Wallflower)




E’ complicato individuare un tema profondo in questa storia, il film è davvero affascinante perché rappresenta il risultato del mettere al servizio di una regia sensibile, di una sceneggiatura originale e di un’interpretazione seria dei personaggi, la tipica ambientazione del liceo americano, con il ragazzo problematico e timido che nel frastuono del mondo incontra la ragazza navigata, sveglia e stupenda. 
Individuare il tema dovrebbe essere l’aspetto più importante di un analisi, anche se entrare in questo racconto e nelle sue immagini fa svanire il bisogno di avere un nord ma desideri solo continuare a vivere nel mondo dipinto da Stephen Chbosky.

E’ bello pensare che anche Charlie, l’adolescente protagonista della storia, vive inconsciamente lo stesso processo insieme allo spettatore.

All’inizio la storia prende quella piega positiva per la quale Charlie e lo spettatore con lui, si perde nel fascino di amici nuovi stimolanti che non lo giudicano; tra loro Sam una ragazza stupenda all’ultimo anno in grado di volergli bene che ascolta gli Smith (il film è ambientato nei preziosi anni 90’), alla quale Charlie dedica anche delle compilation su musicassetta; 
Tutto questo primo momento dal quale non vorresti mai uscire non tiene conto di un prezzo alto da pagare, il passato del protagonista. 
L’aspetto interessante è che neanche Charlie ne tiene conto; in una delle lettere destinate ad un suo amico immaginario, nato nella sua testa dopo il suicidio del suo migliore amico avvenuto pochi mesi prima dell’inizio della storia del film, scrive:
“Caro amico scusa se non ti scrivo da un po’ ma mi sto impegnando a non essere uno sfigato…” 
L’amico immaginario di Charlie è il primo indizio lasciatoci dal Regista per dirci che i sentimenti di quel ragazzo non sono "normali" e che prima o poi nel film saremo costretti a capire il perché. Ma in questo momento nel quale stiamo ancora vivendo un piccolo American Dream sulla vita al liceo, Charlie e noi con lui parliamo direttamente al nostro subconscio e gli diciamo: “ehi non ho tempo per risolvere i drammi del mio passato, mi sto divertendo e mi piace la mia vita!!!” pensa Charlie, mentre lo spettatore considera: “non m’interessa se prima o poi la storia mi presenterà il conto adesso voglio solo che Charlie stia bene”.

E' sull’onda di queste riflessioni, sugli aspetti narrativi della prima parte del film che s’iniziano ad intrecciare le tematiche e significati delle immagini. Possiamo percepire per prima cosa che sia gli adolescenti problematici sia quelli  non problematici (ammesso che ce ne siano di non problematici!) amplificano la sensazione di ogni esperienza che vivono e hanno bisogno di comunicarne l’emozioni.
Questo rimane però il tema più semplice, già raccontato da diversi cammini di ragazzi/eroi nel cinema contemporaneo.
La sfumatura più profonda che ci offre la storia di questo film è diversa e giustamente parte da questo punto sereno e positivo della narrazione per risolversi nel finale con il colpo di scena.
Il protagonista per tutto il film rimane in balia di persone buone, che gli vogliono bene ma che non lo conoscono, non sanno la verità su di lui, compresi i suoi genitori. Tutti si relazionano a Charlie in modo sensibile interpretando i suoi segnali agendo di conseguenza, come del resto gli adulti moderni solitamente si comportano con dei ragazzi, il problema è che nessuno può realmente immaginare cosa nasconda il tessuto emotivo e traumatico di un adolescente, in relazione a quale ricordo o paranoia non risolta agisca, nel bene e nel male. 
Per tutta la narrazione pensiamo che i problemi di Charlie siano conosciuti dalla sua famiglia, la quale s’impegna comunque a stargli vicino senza capire che in realtà, c’è un motivo se la serenità di Charlie è passeggera. Nonostante le cure, la vicinanza, gli amici, appena qualcosa sul suo fragile percorso va storta si verificano delle ricadute. 
Pensiamo di trovare soluzioni ai problemi che vediamo che “sappiamo” vivere e bruciare nei ragazzi a cui vogliamo bene e che vorremmo aiutare a crescere, ma spesso non ci rendiamo conto che l’ostacolo è capire quale sia il vero problema da risolvere.

Io credo che la regia del film spinga su questo tasto; ci travolge spesso con i P.P. o Caracter Dolly sul protagonista (Charlie) o sulla co-protagonista (Sam- Emma Watson) ma senza mai darci davvero modo di capire cosa pensano, complice chiaramente la recitazione che è in questo caso adattata al tipo d’inquadratura (meraviglia!), o meglio pensiamo di sapere cosa pensano ma loro, i personaggi, hanno sempre qualcosa di particolare sotto che avevamo perso all'inizio. Un po' come con gli adolescenti nella vita vera?!

E’ interessante pensare che il tema profondo è suggerito abilmente anche attraverso il rapporto di Charlie con i due personaggi secondari più vicini a lui, Patrick  e Sam. Lo stesso Charlie continuerà a scoprire “traumi” che nascondono i suoi amici. 
I dialoghi più importanti in questo senso si svolgono tra Charlie e Sam.

Sam è una ragazza "disegnata". La sua personalità e il suo viso aprono un vortice in Charlie fin dal primo fotogramma. Ma non è questa la cosa importante. 
Charlie di Sam all’inizio immagina e al massimo ipotizza il passato e i sentimenti che prova, e si comporta di conseguenza per farla stare bene come gli altri fanno con lui, ed esattamente come gli altri con lui anche Charlie sbaglia. 
Nello scorrere della storia come gli spettatori con Charlie, anche lui con Sam capisce lentamente aspetti di lei che prima non poteva immaginare. 
Forte è il dialogo in cui lei riassume il modo in cui ha vissuto la sua sessualità iniziata molto presto, troppo presto e portata avanti in modo triste durante il liceo. Credo che anche in questo caso la sceneggiatura proponga delle ottime scelte sul personaggio di Sam, il fatto che nel suo passato si ubriacasse alle feste con i ragazzi e poi facesse “cose”, il fatto che questo atteggiamento parta da quando a 11 anni subì delle molestie dal capo del padre che andava spesso a trovarla, il fatto che lei voglia redimersi andando all’università,  dal modo svilente in cui il mondo maschile l’ha fatta vivere, sono tutti elementi coerenti con il suo personaggio, un personaggio che ha sempre fatto l’amore sostanzialmente per non essere sola.

Nel finale Charlie e Sam si salutano nella stanza di lei. 
Lei pensava di non essere davvero capita da Charlie, il quale invece già da metà film è consapevole di avere qualcosa di triste e forte in comune con lei (solo Charlie lo sa lo spettatore brancola amaramente nel buio), il loro confronto è significativo, Sam chiede a Charlie “ perché io e tutti quelli a cui voglio bene finiamo per scegliere persone che ci trattano male?” Charlie risponde (citando il suo insegnante di lettere) “Accettiamo l’amore che pensiamo di meritare”,
quindi non solo gli adolescenti hanno dei problemi più in fondo difficili da individuare e risolvere, ma loro stessi spesso si auto aiutano considerando solo i loro problemi in superficie senza decidere di vedere e capire problemi realmente autori del loro star male, in sostanza è quello che si può verificare in seguito a un trauma. E allora possiamo dirlo, gli adolescenti sono chi più e chi meno tutti traumatizzati, da cose gravi o leggere che non riusciamo ad individuare facilmente.

Da quello scambio di battute in poi quel dialogo prende un livello superiore di apertura tra i due personaggi, Sam dichiara: “ (Charlie) non puoi mettere la vita di tutti gli altri davanti alla tua e pensare che quello sia amore…”  poi continua
“io non voglio essere la cotta di nessuno, io voglio che alle persone piaccia la vera me...” tralasciando che in italiano l’ultima frase ha un suono retorico e vagamente fastidioso ( alla Moccia per intenderci), 
in realtà è perfettamente inserita nei discorsi del film, per aiutare stare vicino ad un/a ragazzo/a devi stare vicino al suo vero modo di essere, non ad ipotesi su di lui/lei, e per quanto riguarda Charlie, dovrebbe aprire la sua mente, non idealizzare Sam ma dirle quello che ha dentro, cosa che nel film avviene subito dopo! 
Anche se c’è un prezzo da pagare per aprirsi così e baciare la propria Sam, bisogna ricordare il passato e finalmente affrontare il vero problema che lo tormenta.

La regia, la fotografia e il montaggio sono davvero funzionali ai movimenti emotivi interni dei personaggi, basta pensare all’illuminazione della camera di Sam con quei grappoli di lucine bianche appese nella parete sopra al letto, i primi piani nei momenti importanti sempre ben staccati dallo sfondo rigorosamente sfuocato, gli stacchi sui flash back ben soppesati all’interno del film, e che nel momento del colpo di scena finale dopo il confronto tra Charlie e Sam prima descritto, sono davvero accurati per riprodurre il nodo alla gola che investe Charlie nell’aprire gli occhi sul suo passato. Per esempio la ripetizione di vari gesti, come la carezza della mano di Sam nell’interno coscia di Charlie, agente scatenate della sua presa di coscienza. Senza sottovalutare che in quel momento tengono giustamente sulle spine lo spettatore per capire quale sia verità.

Considerando veritiera l’idea che ognuno di noi guardando un film trova qualcosa di emotivamente diverso sul quale concentrarsi, e che se inconsciamente non troviamo niente, probabilmente il film non ci piacerà, questo film ha tanti aspetti emotivi in grado di catturare persone diverse fra loro, questo lo renderebbe, se fosse effettivamente guardato da qualcuno, un film davvero forte.


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